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patriziato fiorentino avrebbe voluta veder rispettata anche dal punto di vista politico, chiedendo alla nuova dinastia di sottostare alle tradizioni del governo granducale, ma che Francesco Stefano di Lorena non previde, dimostrando invece, con l’invio immediato di un esercito imperiale, ancora vivo Gian Gastone, di non voler usare alcun riguardo per i complessi equilibri sui quali si era retto per circa due secoli il principato.3 La Toscana lorenese che, affidata fino al 1765 ad un Consiglio di Reggenza, poté godere della presenza in città del Granduca Francesco II solo per tre giorni nel 1739, poiché troppo impegnato a sostenere la successione al trono imperiale della moglie Maria Teresa, ebbe di fatto una politica improntata ad un nuovo assolutismo, ma fin dall’inizio si dimostrò sensibile a perseguire uniformità e razionalizzazione, preparando il terreno alle successive riforme del figlio di Francesco e Maria Teresa, Pietro Leopoldo che, col suo arrivo, proprio nel 1765 darà soluzione stabile al nuovo progetto di governo. Intanto però, quell’eredità artistica e culturale che come aveva voluto Anna Maria Luisa de’ Medici si doveva unire ai tesori della famiglia Lorena e rimanere eterno patrimonio culturale inscindibile dalla vita fiorentina (“e si unischino alle gioje provenienti dalla sua Famiglia”)4, cresceva ed entrava a pieno titolo nel nuovo corso della città, che si riapproprierà del suo ruolo di protagonista e di modello civile e culturale e rappresenterà una delle società più illuminate di tutta Europa. L’azione riformatrice del governo dei Lorena, in particolare proprio dall’avvento di Pietro Leopoldo, granduca con il nome di Leopoldo I, agirà su tutti i livelli della vita civile, politica, religiosa e culturale e porterà a quel riguardo per la tutela dei diritti e per il riconoscimento della dignità delle persone, che assecondava i venti più impetuosi del Secolo dei Lumi. Luogo di scambi e di conservazione di eredità della tradizione medicea e delle visitazioni artistiche d’Oltralpe, Firenze quindi, terrà strette in un unico abbraccio le due culture e arricchirà così il suo patrimonio “per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri”, proprio come aveva pensato l’Elettrice palatina.5 In particolare con Leopoldo I la città diventò centro irradiante delle novità teatrali e musicali viennesi. Il Granduca emanò di propria iniziativa molti decreti per la gestione della vita teatrale fiorentina e toscana, poiché già dopo il primo lustro del suo governo della città, il sistema spettacolare aveva ripreso e incrementato i fermenti propri dell’antica tradizione cittadina, consolidatasi nel lungo periodo mediceo e in particolare durante le sperimentazioni del Cinque e del Seicento. Il potenziamento della spettacolarità fiorentina si espresse, sì, principalmente nella crescita della produzione teatrale sia in prosa che in musica e nella formazione di una inedita rete di teatri sia pubblici che privati, ma soprattutto teatri e feste furono per Pietro Leopoldo strumenti “funzionali” al suo governo illuminato. Se da un lato l’impulso riformistico promuoveva un impresariato che estendeva la fruizione teatrale alla borghesia, dall’altro ogni manifestazione era sottoposta ad un ferreo controllo centrale e alla
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