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contribuirà a farlo divenire oggetto di venerazione della
storiografia italiana.
L’apertura principale si esprime attraverso l’ampia
libertà di stampa che si sviluppa nel granducato e di cui
è centro propulsore Livorno, nel Settecento città tra le
più cosmopolite, per le numerose comunità straniere
insediatevi già da lungo tempo e per la favorevole
posizione geografica che l’aveva resa, dal 1676, porto
franco.
A Livorno si pubblicano “alla macchia”, in un clima di
particolare e di garantita libertà - forte del dilagante
spirito dei lumi e nonostante la legge restrittiva del
1743, interpretata sempre più elasticamente - le opere
dell’Algarotti, versatile veneziano, interprete
neogalileiano e massone; il Dei delitti e delle pene di
Cesare Beccaria, la terza edizione dell’Encyclopedie; e le
Lettres e il Du contrat social di J. J. Rousseau, che uscirono
recanti luogo e data di stampa falsi, con una certa
compiacenza delle autorità governative.
L’editoria livornese in questi anni si lega alla cultura
massonica, i cui focolai, come attestano recenti studi,
rivelano, proprio con l’avvento di Pietro Leopoldo, un
rinnovato dinamismo e diffusione. A Firenze le principali
esperienze paramassoniche ruotano intorno
all’Accademia degli Armonici (nata nel 1766) e
soprattutto alla rappresentazione dell’Orfeo ed Euridice di
Gluck avvenuta nel 1771 al Teatro del
Cocomero. Si tratta di uno scenario
del quale è protagonista la comunità
inglese di Firenze e Livorno, comunità
di intellettuali e militari (la flotta
toscana prolifera di ufficiali inglesi), che concorre in
modo sostanziale all’attuazione della politica
granducale. Ma Livorno è anche fucina di musicisti cari
al principe filosofo, che spesso confluiscono nel
dipartimento musicale di corte Real Camera o Cappella,
istituzione fiorentina posta al centro della vita musicale
toscana e plasmata sul gusto personale di Pietro
Leopoldo e della sua cultura di origine. Nel 1767,
proprio da uno dei componenti della Cappella, il
violinista livornese Pietro Nardini, era nato a Milano il
primo quartetto d’archi apparso in Italia, fondato
insieme al violista Giuseppe Cambini, al violoncellista
Luigi Boccherini e a Filippo Manfredi, secondo violino;
ma i quattro toscani non erano riusciti a rimanere
insieme per più di sei mesi, e di lì a poco tre di loro
avevano cercato fortuna e ispirazione a Parigi. Tra loro
Cambini che eleggerà la città a sua patria adottiva.
Nardini invece, uno dei principali virtuosi della corte
leopoldina, rimane a Firenze, dove svolgerà un ruolo
centrale nella produzione cameristica toscana della
seconda metà del Settecento, divenendo protagonista
creativo del prolifico mercato editoriale-musicale e
appassionato realizzatore di accademie strumentali di
corte.
Firenze 1770. Mozart è a Firenze.
La città, divenuta ormai tappa obbligata del grand
tour, vive un momento di fervore artistico
particolarmente intenso, in cui spiccano rilevanti
riforme culturali, come la fondazione dell’Accademia
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