Vivaldi: guerra!
La storia dell'umanità è purtroppo sempre stata anche una triste storia di guerre. La musica si è piegata a cantare le gesta degli "eroi" come anche gli orrori subiti da civili indifesi. Il Juditha Triumphans di Antonio Vivaldi rientra a pieno titolo tra tale musica.
Opera davvero speciale e singolare, un "sacrum militare oratorium" (ciò reca il frontespizio), è stata composta nel 1716, anno in cui l'estenuante ed altalenante duello tra Venezia e Impero Ottomano (due potenze in realtà avviate sul viale del tramonto) volge momentaneamente in favore di Venezia, la quale si è appena presa una grossa rivincita strappando l'isola di Corfù al secolare nemico.
Non è documentato ma si suppone che la Juditha facesse parte delle celebrazioni per la vittoria, visto che il libretto dell'opera spiega esplicitamente come i personaggi vadano interpretati in chiave allegorica: Giuditta simboleggia Venezia, Oloferne il Sultano, Abra la Fede, Betulia la Chiesa, Ozias i cristiani.
Dalla ricchezza eccezionale dell'organico strumentale si deduce inoltre che si sia trattato di un'occasione di particolare importanza. Vivaldi mobilitò tutto l'arsenale strumentale dell'Ospedale della Pietà: la partitura prevede oltre a violini, viole, violoncelli e contrabbassi, 2 flauti diritti, 2 oboi, salmoè (chalumeau), 2 clarinetti, 2 trombe, timpani, mandolino, 4 tiorbe, 3 viole all'inglese (viole da gamba), viola d'amore, 2 cembali e organo.
Come si può dedurre, data la circostanza per cui è nata, la Juditha di Vivaldi celebra la guerra. Il testo rafforza le differenze religiose, alimenta l'odio verso il nemico e ne giustifica la sua sconfitta. Anche la scelta della storia di Giuditta e Oloferne, alla cui fonte mai si era ancora abbeverata l'"arte dei suoni" al contrario della pittura (solo per citarne alcuni Mantegna, Kranach il Vecchio, Caravaggio, Gentileschi padre e figlia), calza a pennello tra le divisioni politico-religiose dell'epoca: il libro della Storia di Giuditta, canonico per cattolici ed ortodossi, è considerato apocrifo dalla tradizione protestante e non è accolto nella Bibbia ebraica.
Vivaldi non è un caso isolato nel panorama musicale barocco, durante il quale fu scritta molta musica ispirata a guerre e battaglie, tanto da inaugurare un nuovo procedimento compositivo detto "stile alla battaglia", ovvero quell'incalzare ritmico riproducente i rumori delle armi durante i combattimenti. Splendidi esempi sono la Battalia di [Mantegna] Biber, la Battaglia de Barabasso yerno de Satanas di Falconiero, il Combattimento tra David E Goliath di Kuhnau, la Galliard Battaglia di Scheidt.
La domanda che sorge è com'è possibile quest'attrazione da parte della musica, linguaggio spesso definito universale, che accomuna la gente di tutti i popoli rendendoli in qualche modo fratelli, portatrice di un messaggio di pace che supera tutte le frontiere culturali, religiose ed economico-politiche.
La prima risposta, almeno nel caso della Juditha di Vivaldi, è banale: i musicisti erano, sono e saranno costretti, di volta in volta, a produrre partiture commissionate dai propri finanziatori.
Ma tale risposta risulta insufficiente, data la gran mole di musica che i compositori hanno scritto, anche in assoluta autonomia e fuori da ogni logica di favori nei confronti di famiglie aristocratiche o istituzioni politiche.
Probabilmente è la concezione stessa dell'arte nel Seicento che ha creato questo strano abbraccio: per il compositore barocco non era più importante quel che invece cercava il compositore rinascimentale, ovvero un senso di pacato e sereno godimento estetico, al contrario voleva principalmente stupire e meravigliare.
Ecco quindi che si spiega l'interesse barocco per la pazzia o per la passione amorosa portatrici di estremi piaceri e dolori, come pure quella particolare fascinazione verso la guerra, se vogliamo in maniera simile agli artisti futuristi elogianti bombe, mitragliatrici ed aerei rombanti.
Proprio similmente ai poeti futuristi, i musicisti barocchi sviluppano una rappresentazione della battaglia depurata da sofferenze, dolori e morte dimodoché gli ascoltatori fossero totalmente occupati dall'ammirare il lato musicalmente più scenico: lo scintillìo sonoro delle spade e delle armature in azione.
A questo stilema musicale si trova solo un'importante eccezione, che merita di essere citata. Innanzitutto il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, "scena drammatica" tratta dal poema Gerusalemme Liberata opera di Torquato Tasso, nella quale Tancredi ahimè inconsapevole dell'identità del proprio avversario uccide la sua amata Clorinda. Qui lo "stile alla battaglia" crea una climax che, anziché inneggiare alla battaglia stessa, rende ancora più dolorosa l'uccisione e la successiva tragica scoperta fatta da Tancredi.
Stefano Zanobini
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