Il violinista Enrico Gatti insieme alla violoncellista Cristina Vidoni in BOLOGNA INSOLITA, per Wunderkammer 2022
Da quando il « viulunzel » fece il suo ingresso nella pratica strumentale del ‘600 (il termine “violoncello”, vale a dire piccolo violone, fece la sua prima apparizione a Bologna nell’edizione a stampa dell’op. IV di Giulio Cesare Arresti nel 1665) si moltiplicarono le pubblicazioni degli editori felsinei dedicate a questo strumento, sia in trio con una coppia di violini che in duo con un solo violino. Si trattava, nella maggioranza dei casi, di musiche da camera, ma a volte anche da ballo - essendo i due generi distinti fra loro ma accomunati da una scrittura di tipo coreutico rispetto al più severo genere da chiesa.
Il nuovo strumento, più agile, grazie alle minori dimensioni rese possibili dall’invenzione di un sottile rivestimento metallico da applicare sulle corde più grosse, risultava più maneggevole e adatto a virtuosismi che potevano rivaleggiare con quelli del violino, già ben noti a Bologna grazie ad una importante scuola che ebbe in Ercole Gaibara il suo capofila.
In questa seconda metà del XVII secolo il ruolo dello strumento ad arco di tessitura grave oscillava quindi tra quello di un semplice basso continuo accompagnante, di solito affidato al violone, e quello di un partner che si proponesse con uguale importanza rispetto alle altre voci, ruolo ora interpretato dal nuovo violoncello.
Erano sicuramente numerosi, oltre ai professionisti, i nobili che si dilettavano in questo campo.
Nelle sue Arie… op. IV, pubblicate nel 1671 e dedicate ad Obizzo Guidoni - che suonava con non ordinaria agilità, e maestria il Violone e al quale sette anni più tardi Giovanni Battista Vitali dedicherà una delle sue sonate a 3 op. V - Giovanni Maria Bononcini inserì nella parte di Violone, ó Spinetta, una tale didascalia: Si deve avvertire, che farà miglior effetto il Violone, che la Spinetta, per essere i Bassi più proprij dell’uno, che dell’altra.
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